Impressioni

La luce del mattino che investe l’oleandro bianco, ecco cos’è la felicità. Rumore di auto che non si vedono, voci soffuse di risveglio, stoviglie che suonano nelle cucine, raggi caldi a scaldare le braccia, il gatto addormentato e la sua pancia che ride.
Il cancello che si chiude dopo aver fatto entrare una persona amata e a lungo attesa, spiandone i passi. Il ritorno è dolce.

Così pensa Carla, appoggiata alla ringhiera di ferro battuto, mentre il respiro del vento già caldo, a presagio dell’afa del giorno, le accarezza le guance. Alle sue spalle la frescura della casa, antico rifugio in pericolante attesa di rifacimento della facciata, che sta aggrappata alle altre, tutte messe a nuovo come ragazze a passeggio.
Cinquant’anni prima le persiane erano dipinte di un tenue color crema, l’avevano accolta da giovane sposa e lei aveva amato quella tinta golosa, che era stata sostituita negli anni da mille toni fino a quel verde scuro e oscurante, ma Carla è sicura che sotto gli strati seccati dal sole il vero colore resista ancora e il solo pensiero la consola.
Strappa i fiori secchi dai gerani e stringendoli nel palmo ne aspira il profumo invasivo, nel mentre il signor P. esce per andare a lavoro, la giacca in una mano e il telefono nell’altra, e la moglie lo saluta dal balconcino; è tanto bella quanto pigra – le camicie spiegazzate di lui ne sono la prova – eppure non c’è venerdì che non le porti dei fiori.
Carla ripensa agli immancabili pasticcini del sabato a mezzogiorno, piccola gioia che segnava l’inizio della dolcezza del fine settimana.
Saluta con la mano la vicina e poi rientra in casa – il Regno della Quiete secondo la definizione di suo marito – e pensare che Giorgio non aveva mai saputo della sua trepidazione, di come lo aspettava sin dall’alba solo per vederlo svoltare l’angolo e risalire la via del borgo amato, dalle case abbracciate tra di loro.
Il suo rientro era la quiete, la sua vera pace.

Sul fornello della lucida cucina bianca e nera la caffettiera fumante attende Carla, fedele amica in attesa della carezza mattutina, e la donna versa con attenzione il liquido profumato e scuro, prende le zollette con l’apposita pinza che un’amica le ha portato di Minorca, poi scioglie lo zucchero con calma e precisione, che il dolce copra completamente l’amaro, per la gioia della bocca.
Liscia con il palmo il tovagliolo sul vassoio prima di appoggiarci il caffè e il piattino di vetro dove otto biscotti secchi sono già pronti per la colazione, poi si volge verso il tavolo di fòrmica arancione.
Giorgio chiude il giornale e le sorride, assicurando gli occhiali chiusi sulla custodia di finto cuoio: “Eccoci pronti, amore mio!”, le dice.
Lei posa il vassoio sul tavolo e guarda con orgoglio la camicia ben stirata di suo marito, poi allunga la mano per lisciargli indietro i capelli radi sfuggiti al pettine. Il ritorno è dolce, ma la quotidiana presenza lo è molto di più e lei lo ama tanto, come il color crema, e sa che lo strato degli anni non nasconderà il loro amore come una tinta sgraziata.
Giorgio le stringe le dita mentre lei si accomoda: “Sai che pensavo, mia colomba? Sabato compriamo le paste!”.

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